BUOI STRAORDINARI IN PARADISO

Una barchetta nel mare, buoi che arano un campo e un uccellaccio nero: breve guida per decifrare questa bella miniatura della Divina Commedia.

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Testo tratto da Milvia Bollati (a cura di), La Divina Commedia di Alfonso d’Aragona, Franco Cosimo Panini Editore.

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Il canto II del Paradiso si apre con un lungo appello ai lettori del poema, nel quale il poeta ricorre ancora una volta a figure del mito: oltre alla consueta evocazione di Minerva, di Apollo e delle Muse, compare un raffinato riferimento all’impresa degli Argonauti.

Giasone, per conquistare il prezioso vello aureo, custodito dal drago insonne, grazie ai consigli e all’arte magica di Medea poté superare alcune prove: tra queste c’è pure quella che provocò la meraviglia dei suoi compagni (in Ovidio a stupirsi sono però gli abitanti della Colchide). L’eroe dovette, infatti, arare un campo con buoi straordinari, dagli zoccoli di bronzo, che spiravano fiamme, per seminarvi denti di serpente, da cui si generarono soldati armati.

Il proemio è rappresentato dal miniatore Giovanni di Paolo nella parte sinistra del riquadro. Alla sinistra di Dante, accompagnato da Apollo, raffigurato con l'armatura e un corvo ai piedi, e ‘ispirato’ dalla dea Minerva, che emette dalla sua bocca un vento propizio alla metaforica navigazione del poeta, si vede nel mare una barca con due naviganti: uno rivolge gli occhi a Giasone che ‘fatto bifolco’ ara un campo con due buoi. In alto, quasi al centro, le nove Muse sopra una nube indicano la stella polare, ovvero la corretta direzione da seguire.

La parte destra della scena, separata dal resto per mezzo di una nube trasversale, descrive la salita di Dante e Beatrice al cielo della luna, raffigurato in alto. Sotto si scorge un paesaggio montuoso appena tratteggiato.

Divina Commedia di Alfonso d'Aragona

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