Il problema delle macchie: Dante sulla Luna

Lunatici, questa miniatura è per voi: Dante sale al cielo della Luna e scopre il perché di quelle macchie misteriose.

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Testo tratto da Milvia Bollati (a cura di), La Divina Commedia di Alfonso d’Aragona, Franco Cosimo Panini Editore.

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Gran parte del secondo canto del Paradiso è dedicata a spiegare la teoria delle macchie lunari, che Dante, confutato dalla serrata argomentazione di Beatrice, credeva causate dalla minore o maggiore densità della materia. Proprio alcuni momenti della discussione sono visualizzati nel riquadro, che poneva non pochi problemi al miniatore.

Sulla sinistra Dante e Beatrice, sospesi nell’aria, indicano in basso due fabbri in una fucina che lavorano il ferro con i propri strumenti. La scena si riferisce ai versi in cui si sostiene che il movimento e l’influenza dei nove cieli derivano dalle Intelligenze celesti: “Lo moto e la virtù d’i santi giri, / come dal fabbro l’arte del martello, / da’ beati motor convien che spiri”.

Nel suo ragionamento, per respingere la falsa opinione di Dante, Beatrice ricorre a complesse argomentazioni, in cui si avvale di alcuni esempi: l’eclissi innanzitutto, che è raffigurata schematicamente al centro del riquadro in alto. Propone poi un esperimento: si devono prendere tre specchi, due posti a uguale distanza da chi guarda e il terzo più lontano; dietro l’osservatore si deve porre una fonte di luce, in modo che sia riflessa da tutti e tre gli specchi; anche se nel “vetro / lo qual di retro a sé piombo nasconde” il lume appare più piccolo, l’intensità della luce, dal punto di vista della qualità, risulta la stessa. Pur con qualche licenza (i primi due specchi, per esempio, non sono posti a uguale distanza dall’osservatore) l’esperimento è raffigurato nella parte centrale della miniatura.

Al termine della confutazione di quanto il poeta credeva sull’origine della macchie lunari, Beatrice, prima di esporre le cause autentiche del fenomeno, esclama: “Or, come ai colpi de li caldi rai [sotto i colpi dei raggi solari] / de la neve riman nudo il suggetto / e del colore e del freddo primai [il soggetto della neve, ovvero l’acqua, resta privo del colore bianco e del freddo che aveva in precedenza], / così rimaso te ne l’intelletto / voglio informar di luce sì vivace, / che ti tremolerà nel suo aspetto”. Così sulla destra si vede una nevicata e in alto una rappresentazione astrale che allude all’armonia dei cieli.

Dante Paradiso


 
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