Miniatura al chiaro di Luna: quella dedicata al terzo canto del Paradiso è una delle illustrazioni più suggestive dell'intera Commedia.

.

Testo tratto da Milvia Bollati (a cura di), La Divina Commedia di Alfonso d’Aragona, Franco Cosimo Panini Editore.

.

Nel terzo canto Beatrice e Dante incontrano le anime di coloro che, per non avere adempiuto perfettamente ai propri voti, sono collocati nel cielo della Luna, il più basso di tutti. Qui il poeta si rivolge a Piccarda Donati, che, dopo un lungo discorso, gli addita un’altra anima, quella dell’imperatrice Costanza, anch’ella tratta a forza dal convento dove aveva cercato conforto.

La scena, con tocco finissimo, rende alcuni particolari sviluppati dal poeta nelle terzine paradisiache. Sulla sinistra si scorgono Beatrice, che pare fuoriuscire da una nube, e Dante, sospeso in aria, che porta sul proprio cuore un sole. Il canto si apre infatti con l’elogio rivolto alla donna amata che aveva spiegato al poeta la natura delle macchie lunari: “Quel sol che pria d’amor mi scaldò ’l petto [che sulla terra mi fece ardere d’amore], / di bella verità m’avea scoverto, / provando e riprovando, il dolce aspetto”.

Nel cerchio celeste, che qui ha l’aspetto della luna, campeggiano le figure di Piccarda e di Costanza in abiti monacali, circondate da tre anime fluttuanti. Le figure che si presentano a Dante nel cielo della Luna sono così fievoli da sembrare immagini riflesse in un vetro trasparente o in acque poco profonde; per questo il poeta, tratto in inganno, si volge indietro: “Quali per vetri trasparenti e tersi, / o ver per acque nitide e tranquille, / non sì profonde che i fondi sien persi [scuri], / tornan d’i nostri visi le postille [si riflettono le immagini dei nostri volti] / debili sì, che perla in bianca fronte / non vien men forte a le nostre pupille; / tal vid’ io più facce a parlar pronte; / per ch’io dentro a l’error contrario corsi [commisi lo sbaglio opposto] / a quel ch’accese amor tra l’omo e ’l fonte [a quello che provocò l’innamoramento di Narciso con la propria immagine riflessa in un fonte]”.

La parte inferiore del riquadro, in un paesaggio che sembra illuminato dai raggi della luna, offre al lettore l’immagine di un giovane sulla sinistra che regge nella propria mano un vetro. Sulla destra è raffigurato l’episodio mitologico di Narciso che, come narra per esempio Ovidio nelle Metamorfosi, rispecchiandosi in una fonte, si innamorò della propria immagine al punto da morire annegato: è notevolissimo il particolare della figura dell’uomo riflessa nelle limpide acque della fontana.

Post consigliati