La leggenda dei Sette Dormienti

I sette dormienti
"Scheint am Siebenschläfer Sonne, gibt es sieben Wochen Wonne."
I paesi di lingua tedesca hanno festeggiato ieri il Siebenschläfertag, ossia il "Giorno dei Sette Dormienti: secondo la credenza popolare, il tempo atmosferico di oggi predirrebbe il clima da aspettarsi nelle sette settimane a venire. Ma chi sono, esattamente, i Sette Dormienti? Le prime tracce di questa leggenda risalgono al V secolo, più precisamente ai racconti del vescovo siriano Giacomo di Serugh. La versione più conosciuta della storia, tuttavia, è quella narrata da Jacopo da Varazze nella sua Legenda Aurea. Secondo la leggenda, al tempo delle persecuzioni sotto il regno dell'imperatore romano Decio, sette giovani di Efeso furono accusati di essere cristiani; quando venne chiesto loro di rinnegare la propria fede in cambio della vita, i sette decisero invece di ritirarsi in preghiera in una caverna di montagna, dove finirono per addormentarsi. Scoperto ciò, la caverna fu fatta sigillare ed i giovani vennero così intrappolati per sempre. Dopo 200 anni (o 300, a seconda delle fonti), tuttavia, l'ingresso della caverna fu riaperto dal proprietario del terreno: con sua grande sorpresa, al suo interno vi erano ancora i sette uomini, ancora vivi e addormentati. Risvegliatisi dal loro lungo sonno, i sette furono sbalorditi all'apprendere quanto tempo fosse passato, credendo di aver dormito per un giorno soltanto; si stupirono ancora di più, inoltre, scoprendo come il Cristianesimo non solo fosse ormai accettato, ma fosse addirittura la religione ufficiale dell'Impero. Il vescovo locale, chiamato ad investigare, ascoltò la loro storia e riconobbe il miracolo; i Sette Dormienti spirarono infine nello stesso giorno del loro risveglio, ancora una volta pregando e lodando Dio. Una versione di questa storia è presente anche nel Corano ed è quindi una vicenda molto importante anche per l'Islam, che si riferisce ai giovani con l'appellativo de "la gente della caverna". "I sette dormienti di Efeso", miniatura tratta dal "Passionario di Weissenau", ms. Cod. Bodmer 127, c. 125v, Fondation Martin Bodmer, Cologny.
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